illatooscuro.gif (1104 byte) LatOscuro.jpg (10936 byte) Nico Piro (npiro@tecnet.it)

 

Fermate quell'oppositore!

 

Nel cyberspace un candidato può anche correre il rischio di perdere una campagna elettorale milionaria per colpa di un dominio finito al momento giusto nelle mani della «persona sbagliata»

 

Ha fatto incetta di domini ma ne ha dimenticato uno e adesso corre il rischio di perdere qualche milione di dollari. Questa non è la storia di uno «squatter del cyberspazio», cioè di un «occupatore» di domini specializzato nel registrare indirizzi Web per poi rivenderli al miglior offerente o al «legittimo» proprietario. Questa è piuttosto una storia che parla di democrazia elettronica, il fenomeno che avrebbe dovuto cambiare il volto alla politica, sostituendo ai partiti di massa la massa del popolo «connesso». Ed è soprattutto la storia di George W. Bush, governatore del Texas e repubblicano «duro» (figlio dell’ex-presidente Usa) che con lo slogan «Prosperity With a Purpose» fa avanzare la sua campagna per le primarie del 2000 a colpi di promesse di tagli alle tasse e di repressione intransigente della criminalità.

 

Lo scomodo alter ego del governatore

 

Dal giorno in cui ha iniziato la sua corsa elettorale, alla fine di questa primavera, l’aspirante inquilino della Casa Bianca ha puntato molto sulla Rete come strumento per contattare e farsi «raggiungere» in ogni momento dai suoi elettori, attraverso il sito

http://www.georgewbush.com

Ma non si è limitato a questo. Ha riflettuto sui possibili nomi degli eventuali siti d’opposizione alla sua candidatura, e ne ha comprato i corrispondenti domini. Per scoprire quale fine hanno fatto basta collegarsi al primo degli indirizzi «no» ai quali l’aspirante successore di Clinton ha pensato

http://www.bushsucks.com

Un classico dei «sucks site», come vengono definiti in slang questi siti, trasformato in un altro accesso verso le sue pagine Web elettorali.

Peccato che il duro del Texas non abbia tenuto conto dell’esistenza di «un cristiano che aborre l’ipocrisia», cioè Zack Exley, consulente informatico di Boston che, spinto dalla volontà di esercitare fino in fondo tutti i suoi diritti di cittadino del cyberspazio, ha capito che per bersagliare l’«odiato» governatore non c’era bisogno, per forza, di un domain negativo. Più semplicemente ne bastava uno simile a quello del Web site ufficiale dell’esponente repubblicano. E così è nato

http://www.GWbush.com

dove, giorno dopo giorno, Exley imbastisce le sue personali strategie di «controcampagna» elettorale.

E, a giudicare dalla furiosa reazione di Bush jr. sembra che ci riesca anche bene. Il governatore del Texas ha persino presentato ricorso alla Federal Elections Commission, l’autorità garante delle elezioni, alla quale ha chiesto di oscurare il sito del suo sabotatore, accusandolo di non essersi limitato a fare dell’ironia, ma piuttosto di aver costruito un’agenda politica con l’unico obiettivo di «assassinarlo» politicamente. Insomma, un comitato elettorale che nasce e agisce al di fuori della legge, ma anche un’aperta violazione delle norme sul copyright. Del resto i due siti si assomigliano non poco, a cominciare dalla bandiera confederale che sventola sulla parte alta della home-page e dalla foto del candidato. Analogie che restano tuttora forti, nonostante siano state attenuata dal feroce intervento dei legali del figlio dell’ex-presidente degli States.

La pesante ironia dell’«uomo spazzatura»

La differenza sostanziale tra GWbush.com e georgewbush.com? I contenuti, naturalmente. Di solito il primo ospita parodie delle news quotidiane pubblicate sul sito ufficiale e dedicate a tessere le lodi del 46esimo governatore del Texas.

Per non parlare poi di «Amnesty 2000», vera e propria bibbia dell’ironia anti-Bush. Un documento politico nel quale si afferma che l’aspirante inquilino della casa più bianca (ed importante) del mondo sia pronto, in caso di elezione, a graziare tutti i cittadini americani condannati per possesso di cocaina. Satira volutamente pesante, studiata per enfatizzare le contraddizioni del governatore texano che agli occhi dei suoi detrattori appare un duro che promette inasprimento delle pene (compresa quella di morte…) per tutti i reati, ma poi non risponde a chi gli ha chiesto se avesse mai fatto uso di cocaina da giovane.

Proprio la drug-war è il punto chiave sul quale Exley si batte, sostenendo che la battaglia in corso da un decennio contro le sostanze stupefacenti in Usa stia comportando solo violazioni dei diritti umani e arresti, senza risolvere sul serio il problema. «Perché se Bush jr. ha fatto uso di cocaina ma ha avuto l’occasione di vivere la sua esistenza normale – si chiede Exley – altri ragazzi sono stati sbattuti in carcere per dieci anni e bollati a vita? Perché Bush deve essere così ipocrita e fare il duro quando con lui ha funzionato un’altra ricetta?»

Insomma colpi pesanti e assestati bene per giunta visto che l’ex-pilota di F-102 della Guardia nazionale texana è giunto a definire il suo «nemico» online, con l’appellativo di «uomo spazzatura».

Persino alcuni giornalisti, stando a quanto ha riferito Mindy Tucker, dell’ufficio relazioni esterne del governatore, si sarebbero spesso confusi tra i due siti. Forse anche questo ha spinto gli uomini di Bush a continuare a fare incetta di indirizzi «negativi»: agli oltre duecento già bloccati con un anno d’anticipo sull’inizio della campagna se n’è aggiunta un’altra sessantina.

Inutile dire che intorno all’attacco di Bush junior contro GWbush.com si è accesa una forte polemica sulla libertà d’espressione in Rete, «ravvivata» anche dall’intervento di

http://www.RTmark.com

gli ormai celebri sabotatori del cyberspazio (ne abbiamo parlato nel numero di marzo) che hanno dato supporto non solo «politico» a Exley.

Candidati sull'orlo della crisi

Ma al di là del contenuto della polemica, il caso di GWbush.com si appresta a diventare una pietra miliare sulla frontiera della cyberopposizione. Per varie ragioni. Da un lato, finita l’epoca dell’«occupazione» di indirizzi Web celebri, scoraggiata da sentenze sempre più sfavorevoli, i cybersquatter stanno prendendo di mira oltre a domini «generici» ma «celebri» (del tipo newyeardays2000.com) quelli dei politici che non possono difendersi, alla stessa maniera delle aziende, depositando il marchio del proprio nome. Dall’altro, il caso di GWbush.com (un sito spesso sommerso dai contatti) è l’esempio di come l’opposizione politica e le battaglie civili stiano evolvendo, in un’era nella quale l’audience della Rete è in costante aumetno e la politica è costituita sempre meno da rapporti diretti con il cittadino e sempre più da rapporti mediati dalla comunicazione.

Un quadro nel quale «piccole voci» (come quella del sito «fatto in casa» da Exley, al quale costa meno di 250 dollari all’anno) possono mandare in crisi macchine elettorali da milioni di dollari, facendo spaventare e saltare i nervi a candidati popolarissimi, forti di finanziamenti e apparati organizzativi mastodontici. Soprattutto se queste «piccole voci» non si limitano a criticare una certa candidatura (è il caso del più soft

http://www.HillaryNo.com

che osteggia quella di Hillary Clinton nel collegio senatoriale di New York) ma allestiscono campagne informative, svelano informazioni scottanti e insinuano dubbi pericolosi. Proprio nello stile di GWbush.com.

Senza dimenticare poi che, come racconta Exley, a fare siti del genere si ci diverte molto. Un altro buon motivo che potrebbe dare fiato al fenomeno della «cyberopposizione».



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