illatooscuro.gif (1104 byte) LatOscuro.jpg (10936 byte) Nico Piro (npiro@tecnet.it)

 

Attivismo estremo

 

Nessuno sa con esattezza chi si nasconde dietro ®™ark, il nome in codice dei nuovi «profeti del sabotaggio», specializzati nell’incitare alla rivolta contro le multinazionali e i nuovi miti dell’era digitale: le grandi aziende dell’hi-tech. Tra i loro nemici giurati c’è anche la rivista Wired, per molti la «bibbia» della rivoluzione binaria, accusata di amplificare le direttive delle grandi corporation e la loro immagine leggendaria


Si chiamano ®™ark e da più parti sono considerati il gruppo più radicale del cyberspazio, sospesi tra l’elogio del sabotaggio, inteso come nuovo modo per scardinare l’affarismo delle multinazionali, e l’estetica del gesto sovversivo. Non a caso – tengono a precisare – il nome del gruppo, frutto della combinazione della erre cerchiata (registred) e dell’acronimo di trade mark (marchio registrato) simboli onnipresenti del potere delle grandi aziende, si pronuncia «art mark».
Considerano Internet come una grande occasione per far sentire la loro voce e lanciare l’invito alla rivolta senza filtri o censure dei media. Il loro sito
http://www.rtmark.com/
è uno «spazio pubblico» nel cyberspace, zona franca disinquinata dai messaggi, dagli stili di vita e dalla cultura che le corporation cercano di imporre alla società ogni giorno. Luogo dove tutti gli attivisti anti-aziendali possono liberamente incontrarsi. Si dichiarano stanchi di affermazioni «tecno-entusiaste» (e figlie della celebrazione delle aziende big della microelettronica o del software) sul genere di «il corpo umano è obsoleto», «il nuovo potere è virtuale e aziendale», «l’informatica produrrà sostituti del cervello umano».

Multinazionale, potere da combattere

Il punto di partenza della loro riflessione è quello del mondo contemporaneo dove ormai i governi contano sempre meno. E in questo si sentono differenti dai ribelli stile «anni ’60». Il loro nemico principale è piuttosto il potere rappresentato dalle grandi multinazionali. Quello «classico» di tipo istituzionale-centralizzato, nella loro ottica, semplicemente non esiste.
Il terreno ideale di lotta non è, quindi, quello della rivolta tout court ma piuttosto quello delle azioni capillari, diffuse, distribuite proprio come la rete del potere aziendale. L’arma del cambiamento diventa il sabotaggio, strumento per rendere l’operato delle corporation più umano e meno distruttivo per la natura e per le persone. Insomma qualcosa di molto realistico, qualche passo indietro rispetto all’ideale rivoluzionario «classico».
E tra le azioni di sabotaggio più famose promosse dal gruppo ci sono: l’hacking di SimCopter e il rapimento di Barbie e GI Joe.
Il primo caso riguarda l’inserimento, nel videogame di simulazione elicotteristica del filone nato da SimCity, di un bacio gay da parte di Jacques Servin, programmatore della Maxis, la software house che produce il gioco. Bacio scoperto solo dopo la stampa delle 50.000 copie del titolo.
Nel secondo caso, invece, dopo un tentativo andato a vuoto, la BLO (Barbie Liberation Organization) ha raccolto l’appello di un gruppo di veterani del Vietnam, feroci oppositori dei giocattoli di guerra come appunto i GI Joe. Sono stati «rapiti» molti esemplari della bionda Barbie e del nerboruto soldato, ne sono state invertite le vocine registrate (da Barbie a GI Joe e viceversa) e reintrodotti sul mercato così modificati.

Triade sovversiva

Gli strumenti chiave dell’azione del gruppo sono tre: le idee, i fondi, i sabotatori. Le prime possono venire da chiunque, l’importante è che si tratti di un’idea di sabotaggio e non di un modo per danneggiare un concorrente. E, soprattutto è fondamentale che l’azione non metta a rischio la vita né la salute di nessuno.
I fondi vengono raccolti con due meccanismi diversi. In primis quello della semplice adesione al gruppo con un’e-mail all’indirizzo investhome@rtmark.com, (attenzione ®™ark non assomiglia proprio al Rotary...) con diverse quote minime d’iscrizione:
15 dollari danno diritto al titolo di attivista e alla spedizione a casa del video «Bringing IT to YOU» (una sorta di promo del gruppo in stile televendita).
Con 50 dollari si diventa cospiratori e si ha diritto all’orologio ®™ark.
100 dollari è la quota minima per ottenere il grado di anarchico, che avrà in dotazione il video, l’orologio e persino il Cd audio modificato «Decostructing Beck».
Essere un sabotatore costa 200 dollari ma il gadget è davvero speciale: una copia «alterata» di SimCopter. Con 1.000 dollari si diventa un $mastermind, che potrà esporre in casa il maxi-striscione del gruppo.
5.000 dollari, infine, sono la somma che dà il titolo di terrorista culturale e una Barbie modificata dal Barbie Liberation Organization.
È inoltre possibile finanziare specifici progetti, partecipando al sistema dei fondi d’investimento ®™ark (molto simili per meccanismo a quelli acquistabili in Borsa, ma dalla natura in questo caso ben diversa) oppure proponendo azioni di sabotaggio e mettendo a disposizione i soldi necessari a realizzarle, come hanno fatto i veterani del Vietnam nel caso di Barbie e GI Joe.
Ma i contributi possono anche non essere necessariamente economici, basti pensare che, al momento, per attuare progetti non ancora specificati il gruppo cerca il codice di un gioco del tipo «vola e bombarda» (preferibilmente Mac, ma Pc va bene lo stesso) o immagini della campagna pubblicitaria lanciata in Italia nel settembre scorso (e subito ritirata) dalla Diesel. Quella, per intenderci, della ragazza con la sega in mano e, sullo sfondo, un secchio della spazzatura pieno di gambe di donna.
Per chi volesse partecipare alle azioni del gruppo in maniera un po’ più soft, ci sono anche iniziative più tranquille come l’annuale concorso di poesia aziendale, a cui indirizzare stralci di comunicati, ordini di servizio e documenti interni, «straordinari esempi dell’odierno linguaggio aziendale».
Trovata l’idea, trovati i fondi, trovato il codice, trovate persino le parole per mettere in atto il sabotaggio, manca l’elemento finale necessario a completare il quadro: il lavoratore «sovversivo». Uno o più dipendenti dell’azienda finita nel mirino pronti a mettere in atto il piano, come nel caso della Maxis Software e di SimCopter.

La rivolta dei lavoratori

Al sabotatore finirà la somma raccolta a finanziamento del progetto, che la potrà utilizzare per sopravvivere una volta che scatterà il suo (probabile) licenziamento. ®™ark, come spiegano i membri del gruppo, incita alla rivolta i lavoratori che non «dipendono» dal loro lavoro ma a quelli che, per un motivo o per l’altro, possono «permettersi» di vivere il licenziamento non come un terribile dramma. È il caso dei lavoratori a termine, di chi opera in più settori professionali, di chi è alla fine della carriera, di lavoratori molto richiesti.
Impossibile sapere chi ci sia dietro la sigla ®™ark. L’anonimato che copre i membri del gruppo è totale, sembra che addirittura non si conoscano fra loro.
La prima volta si sono incontrati nel cyberspazio, dove hanno verificato (sempre in forma anonima) la reciproca corrispondenza di filosofia e progetti. La maggior parte dei componenti del gruppo proviene dalla West Coast, ma c’è anche qualcuno che opera sull’altro versante degli Stati Uniti. Per loro stessa ammissione, lavorano tutti nel mondo accademico...
A tutt’oggi, secondo il ®™ark-pensiero la capacità di critica e d’attacco alla mitologia delle grandi multinazionali è ancora molto ridotta, perché non è ancora chiaro all’opinione pubblica quanto sia elevato il loro peso sulla nostra società e quanto il mercato freni l’individualità.
Via via che, con il tempo, questa coscienza si svilupperà, allora il sabotaggio diventerà un atto tanto comune e quotidiano, naturale e ovvio «come andare alla macchinetta-distributrice di caffè».
O almeno, questo è ciò che si augura ®™ark.


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