Attivismo estremo
Nessuno sa con esattezza chi si nasconde dietro ®™ark, il nome in
codice dei nuovi «profeti del sabotaggio», specializzati nell’incitare
alla rivolta contro le multinazionali e i nuovi miti dell’era digitale: le
grandi aziende dell’hi-tech. Tra i loro nemici giurati c’è anche la
rivista Wired, per molti la «bibbia» della rivoluzione binaria, accusata
di amplificare le direttive delle grandi corporation e la loro immagine
leggendaria
Si chiamano ®™ark e da più parti sono considerati il gruppo più
radicale del cyberspazio, sospesi tra l’elogio del sabotaggio, inteso come
nuovo modo per scardinare l’affarismo delle multinazionali, e l’estetica
del gesto sovversivo. Non a caso – tengono a precisare – il nome del
gruppo, frutto della combinazione della erre cerchiata (registred) e
dell’acronimo di trade mark (marchio registrato) simboli onnipresenti del
potere delle grandi aziende, si pronuncia «art mark». Considerano
Internet come una grande occasione per far sentire la loro voce e lanciare
l’invito alla rivolta senza filtri o censure dei media. Il loro sito http://www.rtmark.com/ è uno «spazio
pubblico» nel cyberspace, zona franca disinquinata dai messaggi, dagli
stili di vita e dalla cultura che le corporation cercano di imporre alla
società ogni giorno. Luogo dove tutti gli attivisti anti-aziendali possono
liberamente incontrarsi. Si dichiarano stanchi di affermazioni
«tecno-entusiaste» (e figlie della celebrazione delle aziende big della
microelettronica o del software) sul genere di «il corpo umano è
obsoleto», «il nuovo potere è virtuale e aziendale», «l’informatica
produrrà sostituti del cervello umano».
Multinazionale, potere da combattere
Il punto di partenza della loro riflessione è quello del mondo
contemporaneo dove ormai i governi contano sempre meno. E in questo si
sentono differenti dai ribelli stile «anni ’60». Il loro nemico principale
è piuttosto il potere rappresentato dalle grandi multinazionali. Quello
«classico» di tipo istituzionale-centralizzato, nella loro ottica,
semplicemente non esiste. Il terreno ideale di lotta non è, quindi,
quello della rivolta tout court ma piuttosto quello delle azioni
capillari, diffuse, distribuite proprio come la rete del potere aziendale.
L’arma del cambiamento diventa il sabotaggio, strumento per rendere
l’operato delle corporation più umano e meno distruttivo per la natura e
per le persone. Insomma qualcosa di molto realistico, qualche passo
indietro rispetto all’ideale rivoluzionario «classico». E tra le azioni
di sabotaggio più famose promosse dal gruppo ci sono: l’hacking di
SimCopter e il rapimento di Barbie e GI Joe. Il primo caso riguarda
l’inserimento, nel videogame di simulazione elicotteristica del filone
nato da SimCity, di un bacio gay da parte di Jacques Servin, programmatore
della Maxis, la software house che produce il gioco. Bacio scoperto solo
dopo la stampa delle 50.000 copie del titolo. Nel secondo caso, invece,
dopo un tentativo andato a vuoto, la BLO (Barbie Liberation Organization)
ha raccolto l’appello di un gruppo di veterani del Vietnam, feroci
oppositori dei giocattoli di guerra come appunto i GI Joe. Sono stati
«rapiti» molti esemplari della bionda Barbie e del nerboruto soldato, ne
sono state invertite le vocine registrate (da Barbie a GI Joe e viceversa)
e reintrodotti sul mercato così modificati.
Triade sovversiva
Gli strumenti chiave dell’azione del gruppo sono tre: le idee, i fondi,
i sabotatori. Le prime possono venire da chiunque, l’importante è che si
tratti di un’idea di sabotaggio e non di un modo per danneggiare un
concorrente. E, soprattutto è fondamentale che l’azione non metta a
rischio la vita né la salute di nessuno. I fondi vengono raccolti con
due meccanismi diversi. In primis quello della semplice adesione al gruppo
con un’e-mail all’indirizzo investhome@rtmark.com, (attenzione ®™ark non
assomiglia proprio al Rotary...) con diverse quote minime
d’iscrizione: 15 dollari danno diritto al titolo di attivista e alla
spedizione a casa del video «Bringing IT to YOU» (una sorta di promo del
gruppo in stile televendita). Con 50 dollari si diventa cospiratori e
si ha diritto all’orologio ®™ark. 100 dollari è la quota minima per
ottenere il grado di anarchico, che avrà in dotazione il video, l’orologio
e persino il Cd audio modificato «Decostructing Beck». Essere un
sabotatore costa 200 dollari ma il gadget è davvero speciale: una copia
«alterata» di SimCopter. Con 1.000 dollari si diventa un $mastermind, che
potrà esporre in casa il maxi-striscione del gruppo. 5.000 dollari,
infine, sono la somma che dà il titolo di terrorista culturale e una
Barbie modificata dal Barbie Liberation Organization. È inoltre
possibile finanziare specifici progetti, partecipando al sistema dei fondi
d’investimento ®™ark (molto simili per meccanismo a quelli acquistabili in
Borsa, ma dalla natura in questo caso ben diversa) oppure proponendo
azioni di sabotaggio e mettendo a disposizione i soldi necessari a
realizzarle, come hanno fatto i veterani del Vietnam nel caso di Barbie e
GI Joe. Ma i contributi possono anche non essere necessariamente
economici, basti pensare che, al momento, per attuare progetti non ancora
specificati il gruppo cerca il codice di un gioco del tipo «vola e
bombarda» (preferibilmente Mac, ma Pc va bene lo stesso) o immagini della
campagna pubblicitaria lanciata in Italia nel settembre scorso (e subito
ritirata) dalla Diesel. Quella, per intenderci, della ragazza con la sega
in mano e, sullo sfondo, un secchio della spazzatura pieno di gambe di
donna. Per chi volesse partecipare alle azioni del gruppo in maniera un
po’ più soft, ci sono anche iniziative più tranquille come l’annuale
concorso di poesia aziendale, a cui indirizzare stralci di comunicati,
ordini di servizio e documenti interni, «straordinari esempi dell’odierno
linguaggio aziendale». Trovata l’idea, trovati i fondi, trovato il
codice, trovate persino le parole per mettere in atto il sabotaggio, manca
l’elemento finale necessario a completare il quadro: il lavoratore
«sovversivo». Uno o più dipendenti dell’azienda finita nel mirino pronti a
mettere in atto il piano, come nel caso della Maxis Software e di
SimCopter.
La rivolta dei lavoratori
Al sabotatore finirà la somma raccolta a finanziamento del progetto,
che la potrà utilizzare per sopravvivere una volta che scatterà il suo
(probabile) licenziamento. ®™ark, come spiegano i membri del gruppo,
incita alla rivolta i lavoratori che non «dipendono» dal loro lavoro ma a
quelli che, per un motivo o per l’altro, possono «permettersi» di vivere
il licenziamento non come un terribile dramma. È il caso dei lavoratori a
termine, di chi opera in più settori professionali, di chi è alla fine
della carriera, di lavoratori molto richiesti. Impossibile sapere chi
ci sia dietro la sigla ®™ark. L’anonimato che copre i membri del gruppo è
totale, sembra che addirittura non si conoscano fra loro. La prima
volta si sono incontrati nel cyberspazio, dove hanno verificato (sempre in
forma anonima) la reciproca corrispondenza di filosofia e progetti. La
maggior parte dei componenti del gruppo proviene dalla West Coast, ma c’è
anche qualcuno che opera sull’altro versante degli Stati Uniti. Per loro
stessa ammissione, lavorano tutti nel mondo accademico... A tutt’oggi,
secondo il ®™ark-pensiero la capacità di critica e d’attacco alla
mitologia delle grandi multinazionali è ancora molto ridotta, perché non è
ancora chiaro all’opinione pubblica quanto sia elevato il loro peso sulla
nostra società e quanto il mercato freni l’individualità. Via via che,
con il tempo, questa coscienza si svilupperà, allora il sabotaggio
diventerà un atto tanto comune e quotidiano, naturale e ovvio «come andare
alla macchinetta-distributrice di caffè». O almeno, questo è ciò che si
augura ®™ark. |